Modello di business nel settore ortofrutticolo: organizzazione o qualità del prodotto?

Quello dei prodotti agroalimentari rappresenta da sempre uno dei mercati più sensibili a livello globale, oscillante tra rischio standardizzazione da commodity con conseguente deprezzamento e valorizzazione di metodi produttivi e dell’origine territoriale quale plus di qualità e prezzo per i consumatori più attenti.

In tale ottica un aspetto fondamentale negli attuali processi di globalizzazione è che gli alimenti messi sul mercato possono trovarsi di fronte a consumatori da un lato mediamente disattenti e poco consapevoli nelle dinamiche quotidiane di acquisto, quindi con minor sensibilità alla qualità intrinseca, dall’altro a fasce di consumo sempre più focalizzate sul benessere a tavola, come dimostra la costante espansione del mercato dei prodotti da agricoltura biologica, con un +8% di vendite nel 2018 rispetto all’anno precedente secondo i dati Nomisma.
Una situazione di domanda in cui si calano le oltre 300 mila aziende ortofrutticole italiane, caratterizzate dalla forte specializzazione e concentrazione territoriale – si pensi alle pesche/nettarine in Emilia Romagna o alla lattuga in Campania – con una situazione organizzativa diversificata, dove la quota di prodotto che viene veicolato al mercato tramite le Organizzazioni di Produttori (OP) varia anche in modo sensibile da un territorio regionale all’altro.

immagineFonte: http://www.osservatorioagr.eu
In questo contesto diversificato il comparto della frutta e verdura lo scorso anno ha visto un aumento del 3% dei consumi grazie soprattutto alle vendite nei discount e al dettaglio (dati CSO Italy su base GFK Italia).
Nonostante ciò , da quanto emerge dai dati Fruitimprese , nell’ultimo ventennio, il settore a livello nazionale ha perso volumi importanti di prodotto esportato (-7,9%) e accresciuto le importazioni in maniera esponenziale, incrementate sia in quantità (+57,4%) che in valore (+142,5%) per prodotti in diretta concorrenza con quelli nazionali, importati non solo da Paesi Terzi, ma anche da nostri competitors sul mercato intracomunitario.

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Analizzando questi dati salta all’occhio ancor di più che le imprese agricole e agroalimentari si trovano oggi in un contesto di crescente pressione competitiva, dove la dimensione produttiva della piccola e media impresa a conduzione familiare, fiore all’occhiello dello sviluppo economico italiano a partire dal dopoguerra, mette in risalto le criticità di un certo “stare sul mercato” che possono sintetizzarsi in alcuni aspetti afferenti la peculiarità del sistema ortofrutta nel suo complesso.
In primo luogo un forte individualismo legato a specificità qualitative, spesso accompagnato da un attaccamento di valore affettivo da parte del produttore che riveste peraltro scarso interesse per il mercato globale.
Inoltre nel tessuto produttivo si rileva mediamente una scarsa strutturazione della filiera con aziende piccole, poco aggregate – a parte alcuni casi di eccellenza nel mondo cooperativo e delle Organizzazioni dei Produttori – e in media poco all’avanguardia in termini logistici, soprattutto nelle regioni centro-meridionali .
E poi la governance: troppo spesso parcellizzata, con difficoltà di una definizione netta dei ruoli, come ad esempio, la produzione separata dal marketing, non sempre in grado di affrontare le sfide strategiche dei mercati esteri.
Queste criticità pongono sia le aziende che i grossisti di fronte a un bivio strategico: focalizzarsi sulle fasce di mercato più esigenti sia in Italia che all’estero oppure potenziare l’efficienza organizzativa della filiera.
Nel primo caso, infatti, la forte crescita dei discount modello centro-nord Europa fa pensare ad una tipologia di consumatore più attento a fattori quali il prezzo e la caratterizzazione qualitativa superficiale del prodotto (forma costante, pulizia esterna,..) piuttosto che alle specificità sensoriali che rappresentano una variabile determinante solo per fasce di consumo più esigenti per motivi di educazione alimentare, come nel caso del nostro Paese con l’abitudine a disporre di maggior varietà di cultivar o di frutti più maturi per motivi climatici.

Una gestione aziendale più evoluta in chiave di modello organizzativo potrebbe già di per sé costituire un fattore significativo per superare alcuni aspetti problematici del settore : occorre “fare sistema” potenziando in primis i servizi offerti dai mercati all’ingrosso per il mercato interno e dalle piattaforme logistiche per l’export al fine di un’efficace qualificazione dell’offerta in termini economici